Si sente spesso parlare di ictus e ischemia infatti queste due patologie rappresentano la terza causa di morte nei paesi industrializzati.
Nella maggior parte dei casi, portano solo a un’invalidità superabile con una costante fisioterapia, in alcuni casi purtroppo i danni sono permanenti.
La percentuale delle persone colpite in Europa è molto alta, si parla del 75% della popolazione sopra i 65 anni, la fascia d’età più a rischio.
In Italia ogni anno ci sono circa 200.000 casi di ictus legati o meno a ischemia, per questo motivo è bene conoscere a fondo queste due patologie.
Leggi questo articolo e troverai tutte queste informazioni e tanto altro circa l’ictus e l’ischemia.
Ictus: cos’è?
Sommario
Il termine ictus [1] deriva dal latino e significa colpo, infatti si manifesta in seguito a un evento improvviso che porta a una diminuzione del flusso sanguigno all’interno del cervello. Ciò provoca un danneggiamento più o meno esteso alle cellule cerebrali, che muoiono per due cause:
- scarsità di nutrienti;
- mancato approvvigionamento di ossigeno.
La deplezione di cellule cerebrali è molto grave perché queste sono le uniche del nostro corpo che non possono rigenerarsi. A seconda di come si manifesta, l’ictus può essere classificato in: emorragico o ischemico [2].
Ictus emorragico
L’ictus emorragico è costituito da un versamento di sangue all’interno della scatola cranica che pressa i tessuti, causando danni molto gravi. Si manifesta quando un’arteria cerebrale esplode creando una vera e propria emorragia.
Questa può verificarsi nell’encefalo o nello spazio subaracnoideo, quindi tra le membrane che rivestono il cervello. La sua incidenza è rara si manifesta solo nel 15% dei casi ma determina una mortalità molto alta.
Ictus ischemico
Spesso l’ischemia viene confusa con l’ictus ma in realtà si tratta di due patologie differenti. Questa infatti, anche se porta ripercussioni negative sul cervello, spesso ha esordio in un altro distretto corporeo, in cui si interrompe l’afflusso di sangue a causa di:
- un embolo, un grumo di cellule morte e colesterolo che si è stacca dalla parete dell’arteria e entra nel circolo sanguigno. È pericoloso perché può otturare una vena o un’arteria.
- un trombo, molto simile al precedente l’unica differenza è che questo rimane ancorato alla parete dove si forma e la sua crescita eccessiva occlude completamente il vaso sanguigno.
Le cause della comparsa di queste alterazioni sono varie, le tratteremo nello specifico paragrafo. L’interruzione del flusso sanguigno impedisce la corretta ossigenazione di tutti i tessuti, ma è il cervello quello che ne risente maggiormente. Infatti in questo distretto le cellule che non ricevono il sangue possono morire e generare un ictus. Quello di origine ischemica si manifesta nell’85% dei pazienti affetti da questa patologia, può essere più o meno grave a seconda della rilevanza dell’’interruzione del flusso sanguigno.
Cause dell’ictus
L’ictus ischemico e quello embolico si manifestano per cause differenti. Il primo è una patologia che colpisce maggiormente gli abitanti delle regioni più industrializzate del mondo a causa del loro stile di vita.
Infatti una dieta troppo grassa, ricca soprattutto di zuccheri semplici, presenti nei dolci e nei junk food (cibi spazzatura), porta a un aumento di colesterolo che si deposita sulle arterie dando origine all’aterosclerosi.
Se questa patologia, caratterizzata da ispessimenti delle pareti dei vasi, non viene tenuta sotto controllo il rischio di ictus è maggiore.
Oltre a una dieta scorretta anche l’abuso di fumo di sigaretta e alcol possono determinare la formazione di ateromi, placche sulla parete delle arterie.
Inoltre è fondamentale evitare una vita sedentaria e fare sport, sia per impedire l’accumulo di kg di troppo ma anche per far sì che i tessuti e gli organi godano di ottima salute.
Per quanto riguarda l’ictus emorragico, invece, le cause sono legate principalmente a fattori genetici come:
- la presenza d’ipertensione cronica che porta a uno stress costante le pareti dei vasi, che devono ricevere il sangue pompato con una forza superiore al normale;
- una malformazione congenita dei vasi sanguigni.
Questa patologia si può presentare anche in seguito a eventi difficilmente prevedibili come:
- un aneurisma, cioè la dilatazione di un vaso, spesso un’arteria, che avviene in modo congenito;
- un evento traumatico che coinvolge il cranio, ad esempio un incidente.
Sintomi di ictus e ischemia
L’ictus, come già detto, è un evento improvviso che si manifesta senza dolore ma provocando alcuni sintomi caratteristici che devono far scattare un campanello d’allarme e spingere la persona a rivolgersi il più velocemente possibile a un medico.
Le sensazioni da dover tenere sotto controllo in assenza di altre patologie sono:
- mal di testa improvviso;
- formicolio in alcune parti del corpo e problematicità nello svolgere movimenti fini;
- difficoltà a parlare e fare un discorso sensato.
Questi possono perdurare anche per 24 ore o manifestarsi a singhiozzi. In quest’ultimo caso è fondamentale rivolgersi a uno specialista, infatti si parla di attacchi ischemici transitori (TIA) che sono proprio quelli che possono precedere un evento maggiore.
Cosa fare in presenza di un ictus o un’ischemia
In presenza di un ictus rivolgersi celermente all’ospedale più vicino, qui un’equipe medica si prenderà carico del paziente. In primo luogo verranno fatti degli esami per rendersi conto dove è posizionata la zona problematica e capire a quale stadio si trova il paziente. In modo specifico si valuterà:
- in quale parte del cervello si manifesta una massiccia morte delle cellule nervose tramite una TC (Tomografia Computerizzata) cranico-encefalica;
- la percentuale di ossigenazione del sangue;
- il funzionamento degli altri organi soprattutto cuore (con l’ECG) e polmoni (con il PFT).
In questo modo si capirà di quale ictus si sta parlando, se quello ischemica o quello emorragico.
Nel primo caso, se la situazione ancora non è conclamata, si può somministrare il plasminogeno, una molecola trombolitica che dissolve l’occlusione: si tratta di un enzima deputato a scindere i coaguli. Se è passato troppo tempo e il trombo o l’embolo sono eccessivamente grandi si deve agire chirurgicamente procedendo alla sua esportazione.
La riabilitazione dopo un ictus
In seguito a un ictus alcune parti del corpo possono risultare semi o totalmente paralizzate, la riabilitazione [3] fa molto in questo caso: aiuta il paziente a riappropriarsi dell’arto o della porzione del fisico che ha difficoltà a muovere. In alcuni casi riesce anche a permettergli di riacquistare le normali capacità di espressione e di linguaggio [4].
La riabilitazione può essere fatta in ospedale, se il paziente non è autonomo, o in clinica con differenti sedute a settimana. L’allenamento intensivo di solito si pratica per un periodo differente che va da qualche mese fino a un anno; in seguito si pianificano dei cicli di mantenimento. All’inizio di questo percorso non si può dire con precisione i miglioramenti che si faranno e quanta autonomia il paziente riacquisterà, questo, in parte, è dovuto anche alla sua costanza e alla forza d’animo che metterà nell’esercitarsi tutti i giorni.
Le tecniche riabilitative più efficaci in questa situazione sono:
- CIMT (Constraint Induced Movement Therapy) usata soprattutto per aiutare la mobilitazione degli arti superiori che sono stati bloccati a causa della patologia. Questo tipo di fisioterapia si chiama anche “terapia d’uso forzato” perché si impedisce il movimento del braccio o della gamba sani, per stimolare il paziente a usare quello che ha subito alterazioni, così pian piano si vedranno dei miglioramenti;
- ROM (Range Of Motion) questa sigla definisce i gradi di mobilità di un arto, cioè la sua capacità di flettersi; per migliorare tale parametro si può seguire una terapia specifica che impiega esercizi che il paziente pratica da solo o con l’aiuto di un terapista;
- ETC (Esercizio Terapeutico Conoscitivo), impiegato per tutte quelle patologie che hanno dato delle lesioni a livello del sistema nervoso centrale, punta a far riappropriare il paziente dei corretti movimenti del corpo, eliminando le cattive abitudini che spesso si assumono per ribilanciare il fisico, quando parte di esso non può essere usato come prima;
- metodo Katab o PNF (Facilitazione Neuromuscolare Propriocettiva) questa terapia si basa sulla corretta contrazione muscolare, infatti quando si performa un movimento non si attiva mai un solo muscolo ma un insieme di strutture vicine. Facendo degli esercizi base si possono, quindi, riattivare tutti i movimenti corporei;
- metodo Bobath, si tratta di una terapia che prevede il coinvolgimento di tutte quelle figure che normalmente gravitano attorno al paziente nella vita di tutti i giorni (detti anche caregiver) che spesso e volentieri sono i familiari. In questo modo anche loro sapranno come approcciarsi al malato quando non si trova in terapia. Questo metodo si basa su dei movimenti che puntano alla riappropriazione del proprio corpo, in relazione con l’ambiente, per riacquistare autonomia;
- abitudine all’uso degli ausili per il movimento, a volte infatti, nei primi tempi c’è bisogno di usare un bastone, un deambulatore, una sedia a rotelle o un tutore; per impiegare al meglio queste sovrastrutture c’è bisogno di una terapia che spiega come imprimere la forza e quali muscoli usare.
Fonti
[1] https://www.ninds.nih.gov/Disorders/Patient-Caregiver-Education/Hope-Through-Research/Stroke-Hope-Through-Research
[2] https://www.humanitas.it/malattie/ictus-cerebrale
[3] https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/stroke/in-depth/stroke-rehabilitation/art-20045172
[4] https://www.corehab.it/en/intensive-therapy-for-post-stroke-rehab/
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