I disturbi dello sviluppo sono disturbi delle facoltà di apprendimento, motorie, comunicative o intellettive e si presentano nell’età dello sviluppo, ovvero infanzia e adolescenza, per poi permanere nell’età adulta o regredire.

Caratteristiche dei disturbi dello sviluppo

Una caratteristica fondamentale dei disturbi dello sviluppo è un deficit o un’alterazione dell’acquisizione di nuove competenze.

I bambini affetti da disturbi dello sviluppo hanno spesso difficoltà a comunicare, carenze nel gioco, fanno fatica a controllare gli impulsi e a pianificare azioni consecutive.

Generalmente presentano capacità motorie buone, tuttavia a volta possono comparire delle difficoltà di movimento, goffaggine, difficoltà nell’autonomia o difficoltà nell’utilizzare oggetti quotidiani. Spesso sono compromesse anche le capacità imitative della gestualità. 

Le interazioni con i coetanei sono difficoltose, o troppo distanti o eccessivamente fisiche, così come anche l’attenzione alle reazioni altrui è scarsa; possono mancare le reazioni espressive del volto e il contatto visivo. 

Diagnosticare i disturbi dello sviluppo

La valutazione della patologia del bambino deve tenere conto di tutti gli aspetti del suo sviluppo; quello affettivo, cognitivo, comunicativo, interattivo e neuropsicologico.

I disturbi dello sviluppo si manifestano in maniere molto differenti, per questo la loro diagnosi non è facile. Il percorso terapeutico si articola su più punti, primo fra tutti è il coinvolgimento dei familiari e del personale scolastico.

Spesso nei giovani pazienti affetti da disturbo dello sviluppo i comportamenti devianti regrediscono spontaneamente, una volta che le abilità comunicative e relazionali migliorano in seguito alla terapia.

Andiamo ora ad approfondire i disturbi dello sviluppo più diffusi e come la riabilitazione può portare grandi miglioramenti ai pazienti.

I disturbi dello sviluppo possono avere grandi miglioramenti grazie alla riabilitazione neurologica, leggi il nostro articolo per approfondire questo argomento

Disturbi intellettivi

Un disturbo intellettivo è un deficit del funzionamento intellettuale generale, che risulta significativamente sotto la media.

Il termine ha sostituito negli anni la obsoleta e denigratoria definizione di “ritardo mentale”, che definiva lo sviluppo intellettuale più lento di quello tipico. 

Per funzionamento sotto la media intendiamo un quoziente intellettivo inferiore a 70, risultato ottenuto con test psicometrici. Il disturbo intellettivo può essere classificato come lieve, moderato, grave ed estremo; se il disturbo intellettivo viene diagnosticato nei primi anni di vita, la gravità dello stesso sarà definibile molto più tardi.

Quando la disabilità intellettiva è molto grave coinvolge tutte le aree del funzionamento intellettivo, quando invece è più lieve il paziente presenta punti di forza e punti di debolezza nelle diverse abilità cognitive, abilità che grazie all’adeguato percorso terapeutico possono essere acquisite e migliorate. 

I disturbi intellettivi sono generalmente diagnosticati precocemente perchè il bambino che ne soffre presenta alterazioni evidenti già alla nascita o poco dopo; durante il primo anno di vita è possibile notare uno sviluppo tardivo delle abilità motorie e una scarsa interazione con gli altri. 

Il disturbo intellettivo può essere causato da fattori genetici o fattori acquisiti, perinatali o postnatali; in ogni caso per più della metà dei casi non è possibile individuare una causa specifica.

I disturbi intellettivi devono essere trattati sotto diversi aspetti, garantendo al paziente un supporto multidisciplinare.

E’ molto utile la riabilitazione cognitiva, che mira al miglioramento delle abilità, la psicoterapia cognitivo comportamentale per migliorare l’autostima e gestire gli stati di ansia, programmi di potenziamento dell’autonomia, e programmi di collaborazione tra scuola e famiglia.

Autismo

L’autismo è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da uno scarso sviluppo delle abilità sociali e relazionali.

Generalmente viene individuato in età infantile, prima dei tre anni, ma in pazienti ad alto funzionamento è più frequente che venga diagnosticato più tardi o addirittura in età adulta. 

La diagnosi di autismo non è strumentale, non esistono esami specifici, pertanto si basa solamente sull’osservazione dei comportamenti.

Le caratteristiche dei singoli pazienti affetti da disturbo autistico sono molto differenti tra loro, tuttavia è possibile individuare delle aree comuni in cui il disturbo si manifesta. 

Il primo deficit che è possibile notare in un paziente autistico è la difficoltà di comunicazione, verbale e non; le persone autistiche possono avere difficoltà nell’articolare i suoni, comporre le frasi, o interpretare un’informazione astratta e non letterale.

Hanno difficoltà a comunicare con le espressioni del volto, il tono della voce, ed in generale appaiono poco espressivi e aperti alla comunicazione. Solitamente hanno difficoltà a cogliere le sfumature della comunicazione, l’ironia o i giochi di parole.

Un’altra area funzionale compromessa è quella sociale, il paziente autistico dimostra di solito scarso interesse verso l’interazione con altre persone, difficoltà nell’iniziare conversazioni o nel mantenerle nel tempo.

Il paziente autistico ha infine grandi difficoltà adattative, accetta poche variazioni alla sua routine e fa difficoltà ad adattare il suo comportamento alle circostanze del momento. 

Le cause dell’autismo sono sconosciute, ma la teoria più accreditata è che sia di origine genetica e ambientale, cioè che alcuni bambini nascano con una predisposizione genetica a sviluppare il disturbo, che particolari condizioni ambientali ne favoriscano lo sviluppo.   

Sindrome di Down o Trisomia 21

La sindrome di Down, nota anche come Trisomia 21, è una anomalia genetica caratterizzata dalla parziale o totale ripetizione del cromosoma 21 durante la divisione cellulare.

Il codice genetico dell’uomo si basa su 46 cromosomi, organizzati in coppie. Negli individui portatori di sindrome di Down questa organizzazione è alterata, e i cromosomi invece di essere 46 risultano 47.

Questo materiale genetico “in più” è la causa delle caratteristiche fisiche e dello sviluppo che possiamo osservare nel portatore della sindrome, caratteristiche subito riconoscibili e specifiche di questa sindrome. 

Le conseguenze dell’alterazione genetica possono essere di diversa gravità da paziente a paziente, in generale può causare ritardi intellettivi, ritardi nella crescita e altri problemi di salute.

Sia i bambini che gli adulti affetti dalla sindrome di down hanno delle specifiche caratteristiche fisiche ben riconoscibili: testa di piccole dimensioni e collo corto, fronte spaziosa, lingua sporgente e bocca piccola, occhi obliqui, orecchie piccole, poco tono muscolare, gambe e braccia corte e mani e piedi piccoli e larghi. 

Circa la metà dei pazienti affetti dalla sindrome presenta problematiche cardiache, disturbi gastrointestinali, deficit immunitari e obesità. 

Oggi la possibilità che un bambino sia affetto dalla sindrome di down sono una su 750 nati vivi, e le probabilità sono notevolmente più alte più è avanzata l’età della madre. 

Non esiste una terapia specifica per i pazienti che presentano la Trisomia 21, la condizione patologica non può essere in qualche modo risolta, tuttavia ci sono numerosi interventi terapeutici e riabilitativi che possono migliorare la qualità di vita.

Già dai primi mesi dopo la nascita si può iniziare un percorso riabilitativo orientato allo sviluppo delle capacità motorie e intellettive, cercando di rendere il bambino quanto più possibile autonomo e attivo.

Negli ultimi anni l’aspettativa di vita dei portatori della sindrome di Down si è notevolmente allungata, si stima che in Europa l’età media sia di 62 anni e comunque l’80% supera i 55 anni.

Paralisi Cerebrale

La paralisi cerebrale è l’esito di una lesione del sistema nervoso centrale.

La conseguenza più grave è l’alterazione delle funzioni motorie, difficoltà nel linguaggio e disturbi sensoriali (deficit della vista e dell’udito) e cognitivi.

La lesione del sistema nervoso può avvenire durante la vita intrauterina, durante il parto, oppure in un periodo successivo alla nascita. 

Le cause più frequenti  che originano la lesione cerebrale sono: incidenti, anossia cerebrale (mancanza di ossigenazione del cervello per diversi minuti), problemi al cordone ombelicale durante il periodo di gestazione, infezioni della madre o del bambino.

Bambini nati con paralisi cerebrale si stima siano circa uno ogni 1000 nascite, e una delle cause principali è il parto prematuro. Infatti i bambini nati pretermine, con basso peso alla nascita, hanno un’incidenza molto più alta di danni cerebrali. 

Nonostante non ci sia nessuna possibilità di guarigione e la paralisi cerebrale non sia reversibile, è possibile intraprendere un percorso terapeutico al fine di garantire al paziente una buona qualità di vita e migliorare i sintomi.

I trattamenti sono principalmente farmacologici e fisioterapici, senza tralasciare la logopedia, la terapia occupazionale e nei casi più complessi la chirurgia. 

L’aspetto positivo del danneggiamento del tessuto cerebrale è che il danno non tende a peggiorare, questo perchè la lesione non va incontro a degenerazione.

La fisioterapia in particolare, nei casi di paralisi cerebrale, è utile per migliorare il tono muscolare del bambino, migliorare la coordinazione e la mobilità articolare.

Con la logopedia il paziente può migliorare la capacità di comunicare, se il linguaggio appare povero e stentato, o addirittura nei casi più gravi il paziente può imparare ad utilizzare ausili tecnologici che gli siano utili per esprimersi, computer o tablet. 

Se vuoi saperne di più sulla riabilitazione, se non sai come scegliere il tuo percorso riabilitativo, leggi il nostro articolo, potrebbe esserti utile.